Montepulciano non è soltanto eccellenze artistiche, bellezze paesaggistiche ed enogastronomia di qualità. Come tanti altri paesi della Valdichiana e di tutta Italia, custodisce nel suo passato storie tragiche relative alla Seconda Guerra Mondiale, al passaggio del fronte e alla Liberazione dall’occupazione nazifascista. Una guerra di resistenza all’interno della più grande guerra, di cui abbandonano racconti nelle nostre campagne e nei centri urbani.
A pochi giorni di distanza dai festeggiamenti per il 70° anniversario della Liberazione di Montepulciano, vorrei raccontarvi la storia del Forcone di Bossona, un tragico evento che ha colpito la comunità poliziana e che rischiava di andare perduto, ma il cui ricordo è stato recuperato da Franco Bernardini. La vicenda è ambienta a Villa Bossona, nelle campagne tra Montepulciano e Cervognano, e la data è il 30 maggio 1944. Ecco il racconto:
Villa Bossona
È stata la più grossa tragedia di civili che ha colpito la nostra comunità. Era il 30 maggio 1944 in campagna a Villa Bossona: la giornata scorreva come molte altre, gli adulti lavoravano in campagna e i bambini giocavano nel cortile. Di Betto Elena, di 16 anni (mia mamma) aveva il busto ed era costretta a letto, con lei c’era sua mamma Capitoni Natalina di 36 anni (mia nonna), il fratellino Franco e la cuginetta Lidia, entrambi di 3 anni, tutti gli altri erano fuori dalla casa.
Improvvisamente iniziò un via vai di aerei americani carichi di bombe, che apparivano all’altezza della chiesa di S.Agnese, passavano sopra Bossona per andare a bombardare la ferrovia in Valdichiana, e in Villa Bossona si scatenò il panico. La piccola Lidia corse fuori di casa in cerca della mamma Bruna e dietro a lei corse l’inseparabile cuginetto Franco. I due bambini si riunirono con gli altri componenti della famiglia e di corsa raggiunsero un rifugio approssimato, sotto i cipressi della villa. Franco era abbracciato al babbo Gino e a Pasquina, l’altra sorellina di 12 anni, mentre Lidia era stretta tra le braccia della mamma Bruna e del babbo Marino.
Passarono gli aerei, si sentivano i boati delle bombe in lontananza. Un vicino racconta che un aereo scese a metà vallata, poi girò bruscamente e tornò indietro, fece questa manovra per due volte. Il passaggio successivo, quasi all’altezza della chiesa di S.Agnese, sganciò una bomba che con un forte sibilo seguì la traiettoria dell’aereo fino a schiantarsi nel rifugio di Villa Bossona.
Tutti i vicini corsero a dare soccorso, ma la scena fu straziante. Tutti mi hanno raccontato la stessa scena: mia nonna che risaliva la scarpata urlando “Aiutatemi, aiutatemi!” e teneva in grembo i pezzi del figlio squarciato dalla bomba. Una scena che ho vissuto personalmente, nei frequenti incubi da sonnambula di mia nonna, che correva avanti e indietro nel corridoio di casa con le mani raccolte al petto e gridava “Aiutatemi… Aiutatemi…”
Il forcone piantato nell’albero della villa
Quel giorno morirono cinque persone innocenti a Villa Bossona, per colpa di quella bomba: Di Betto Franco (anni 3, mio zio) e Di Betto Pasquina (anni 12, mia zia), Di Betto Gino (anni 41, mio nonno), Di Betto Marino (anni 32) e Duchini Bruna (anni 24). L’unica superstite di quel rifugio improvvisato tra i cipressi fu la piccola Lidia, che era stata protetta dal corpo della mamma: anche se sfigurata, la bambina si era salvata!
Insieme ai membri della famiglia Di Betto, purtroppo, vicino al rifugio si trovava casualmente anche il giardiniere di Villa Bossona. Anche lui perse la vita in quel tragico evento. La moglie e le due piccolissime figlie non sapevano dove fosse andato; solo dopo molte ore venne ritrovato il corpo straziato del giardiniere sotto una catasta di legna. La moglie non resse al dolore e dopo un mese si gettò nel pozzo della villa…
Il forcone che si può vedere ancora oggi, a testimonianza del tragico evento, era in mano a Gino Di Betto. L’esplosione l’ha piantato nel cipresso e dopo 70 anni si trova ancora lì. Ciò che rimase dei corpi dilaniati dalla bomba, invece, furono sepolti in un’unica tomba.
È giusto che le nuove generazioni conoscano e capiscano che la guerra non è un videogioco, non è una cosa astratta che si vede in tv ! Non sono soltanto i soldati bianchi contro i soldati neri che si scontrano nel deserto. Dove c’è la guerra ci sono migliaia di tragedie dimenticate come quella del Forcone di Bossona e la disperazione di un popolo.
La lapide della tragedia
Il Forcone di Bossona, quindi, si trova ancora oggi piantato nel cipresso, a testimonianza della tragedia che sconvolse Villa Bossona durante la Liberazione. L’unico documento finora trovato, dove si accenna all’accaduto, è il libro “Guerra e Pace” tratto dal diario di Mons. Emilio Giorgi, Vescovo di Montepulciano, che però riporta date ed età leggermente diverse dal racconto precedente, ma che conferma in pieno i tragici avvenimenti.
Un racconto, quindi, che fa parte della storia di Montepulciano, a settant’anni dalla guerra e dalla Liberazione. In memoria di tutti i bambini, donne e uomini che hanno pagato con la vita la liberazione della nostra città, sorpresi nel pacifico lavoro da micidiali ordigni.
(foto e racconti di Franco Bernardini)
Alessio Banini
Nato nel 1983, vive a Montepulciano Stazione e non ha nessuna intenzione di andarsene. Scrittore di narrativa e saggistica, appassionato di storie e tradizioni locali, si è laureato a Siena in Antropologia Culturale. L'editoria digitale ha salvato la sua casa dall'affollamento di scaffali e librerie.