Laura Cozzani: vivere a Montepulciano pensando all’Africa
La giovane poliziana Laura Cozzani nasce a Chiusi nel 1981. Dopo aver concluso gli studi classici e completato l’iter giurisprudenziale, si iscrive alla Scuola del Nudo presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, con la quale acquisisce maggior consapevolezza delle proprie doti grafiche e pittoriche, sviluppando la creatività innata. Inizia il percorso artistico eseguendo opere su commissione, sperimentando vari materiali tra cui bombolette spray e colori acrilici su tela.
Nel corso degli anni partecipa ad un workshop di fumetti, collabora con Mondomix e Musica Jazz Italia in veste di disegnatrice di carboncini di autori e musicisti famosi, firma le vignette del quotidiano del Live Festival of Beer of Acquaviva, partecipa all’evento espositivo di Liberacollarte e alla mostra del caratteristico paesino toscano di Ascianello, dipinge per due anni consecutivi il Bravio per i piccoli spingitori.
Collabora con il Mattatoio n.5 per tre anni consecutivi organizzando ed eseguendo live painting su temi sociali. Realizza in collaborazione con lo scrittore emergente Cristiano Signorino due copertine della trilogia horror-fantasy Anime Impure e il quotidiano Centritalia le dedica la pagina del personaggio del mese nel giugno 2012, descrivendola come un’artista che ama stupire con la sua contaminazione di tecniche e stili. Attualmente vive in Toscana, si dedica alla pittura, al canto con “L’albero dei 7 formaggi”, una produzione di musica naturale afro-italiana ed è aperta a nuove collaborazioni.
“La curiosità e la ricerca delle radici che mi hanno da sempre spinta a fare esperienze, anche ai limiti dell’assurdo, mi hanno portata in Africa, per la seconda volta. Quando incontri l’Africa hai la percezione immediata che la risposta a tutte le domande sia là è il mettersi in gioco e il confrontarsi con quella realtà sorprende, fa riaffiorare il ricordo della verità più antica: che siamo tutto e non siamo nessuno.
Dopo aver vissuto un mese in giro per il sud del Senegal, la regione Casamance, ho avuto anche l’onore di vivere a Dakar, un bel guazzabuglio infernale. Conta tre milioni di persone e soffre di una contaminazione occidentale reiterata e dei risvolti negativi che essa comporta, tra cui smog, caos stradale, razzismo e malvivenza legati alla precarietà economica di alcuni quartieri, sporcizia dovuta specialmente alla plastica, abusivismo edilizio…
Sono stata a contatto con le persone del quartiere di yoff e l’Africa pura si sente ancora nell’accoglienza, nell’ospitalità, nella condivisione del pasto, nei mestieri che richiedono manualità, che da noi stanno sparendo, e ho approfondito sul campo la tecnica del Batik, l’arte di tintura dei tessuti con colori, cera calda e pennelli. Immergendosi in quel lavoro manuale la frenesia della vita occidentale lascia spazio ai ritmi naturali.
Il rispetto dell’essere umano non può prescindere dal rispetto dei suoi stessi ritmi. Quel fluire consapevole del tempo fa riemergere la coscienza di se stessi, dei propri bisogni e si sorride, collaborando senza competitività, condividendo le proprie capacità e i propri talenti gli uni con gli altri, in comunione e senza giudizio. Salvo eccezioni, la mia generazione ha vissuto la comodità, l’ozio, il divertissement, ha inconsapevolmente spostato l’attenzione su elementi esterni, dimenticando il principio più importante: che il lavoro è anzitutto su se stessi, sulla crescita personale quale individuo unico e perfettibile. Lavoro che richiede uno sforzo continuo, una costante presa di responsabilità che sostiene e sviluppa la spina dorsale, il carattere per affrontare ogni problema ed ogni sfida che la vita presenta, senza delegare.
In Senegal nulla è comodo, il disagio spiazza gli uomini strutturati ed abitudinari che cadono in preda di attacchi di panico, ma per chi ha volontà di cogliere la lezione il disagio aguzza l’ingegno e forgia uomini con la U maiuscola. A sentir dire i racconti dei nonni, quella africana sembra una realtà molto simile a quella vissuta in Italia nel dopo guerra, dove non c’era niente e tutti si davano una mano.
La ricerca continua dentro me va di pari passo con l’esplorazione dell’ambiente intorno a me è con l’incontro di persone speciali. E non c’è due senza tre, per cui ho la netta impressione che avrò presto altre note a da raccontare….”