Un racconto di Halloween a Montepulciano
In Collazzi, nelle case del marchese Giulio Parracciani Ricci, abitava Dinda, un’anziana signora conosciuta da tutti perché vegliava i morti ai cimiteri. A quei tempi c’era questa abitudine: la veglia, tra le espressioni più significative di pietà e di devozione, oggi è per lo più caduta in disuso. Si faceva per non lasciare solo il defunto alla sua uscita dal gruppo sociale di appartenenza, quasi accompagnandolo nel passaggio senza abbandonarlo. Le dicerie popolari inoltre affermavano che la veglia allontanava dal morto altri defunti, che venivano a tormentarlo e pizzicarlo.
Un preciso rituale ne regolava lo svolgimento della veglia. Di solito gli uomini, dopo aver visitato il defunto, sistemavano la camera ardente appositamente preparata e liberata dagli specchi e si riunivano in un’altra stanza, mentre le donne restavano accanto al defunto in una veglia scandita dalla preghiera, dal silenzio e, alle volte, da un lamento tradizionale. In alcune regioni d’Italia i familiari erano esentati dall’osservare la veglia nel corso della notte e si pagavano persone predisposte a farlo.
Dinda non si vedeva mai per Montepulciano e solo a volte si affacciava alla finestra della sua casa. I parenti provvedevano alle sue necessità materiali e si occupavano di fare da tramite a chi la richiedeva. Una notte, mentre svolgeva questo incarico al cimitero vecchio, quello di Montorio, la candela si spense improvvisamente, forse per un colpo di vento, e, non disponendo di fiammiferi, rimase per lungo tempo al buio finché nel silenzio della notte udì dei passi frettolosi che si facevano sempre più distinti.
Dinda, anche se vecchia, si precipitò fuori a passo spedito ed iniziò a vociare per richiamare l’attenzione: – O chéll’omino! O chéll’omino! – L’uomo impaurito, sentendo quelle parole e col buio pesto, non rendendosi conto della situazione, si mise a correre senza neppure voltarsi per timore di trovarsi di fronte a chissà quale visione macabra. Dinda arrivata al cancello riconobbe il malcapitato che abitualmente si recava a lavoro a piedi e che specialmente se doveva recarsi lontano anticipava l’ora per essere puntuale: era un certo Neri Angiolo.
(notizie storiche prese da Viaggio di un Poliziano in una Montepulciano sconosciuta di Franco Tremiti)